«A
Napoli, una volta, c’era una bella abitudine: quando una persona stava su di
giri e prendeva un caffè al bar, invece di uno ne pagava due. Il secondo lo
riservava al cliente che veniva subito dopo. Detto con altre parole, era un
caffè offerto all’umanità. Poi, di tanto in tanto, c’era qualcuno che si
affacciava alla porta del bar e chiedeva se c’era un “sospeso”. Tutto questo
era dovuto al fatto che erano più i clienti poveri che quelli ricchi. Oggi
purtroppo non solo non esiste più chi paga un “sospeso” ma nemmeno chi è
disposto ad accettarlo.»
(Luciano De Crescenzo, Il caffè
sospeso)
Il caffè, per gli Italiani ma ancor
di più per i Napoletani, è un rito quasi sacro, capace di rendere felice
qualsiasi uomo.
Come non dimenticare il monologo di
Eduardo de' Filippo nella commedia “Questi fantasmi”? Nella puntigliosa
descrizione della preparazione del suo caffè, Pasquale Lojacono, interpretato
dal de' Filippo, esprime tutta la sua gioia per quella parentesi di
tranquillità ritagliatasi nella giornata.
Ecco quindi che il caffè assume una
valenza ricreativa, oltre che corroborante; un rito direi spirituale, che si
manifesta nel suo aroma che lievita in alto assieme al vapore e inebria le
narici, regalando soddisfazione.
Il caffè sospeso era un'usanza
napoletana, ormai in declino.
Capitava che una persona entrasse in
un bar per sorbirsi il caffè e lasciasse un secondo caffè pagato – il caffè
sospeso, appunto – per chi non poteva permettersi nemmeno una tazza della nera
bevanda.
Una goccia di generosità del primo
cliente e una “anticchia” di disponibilità del barista permetteva anche a chi
aveva poco, di potersi godere un piacere della vita.
Oggi, come rileva De Crescenzo, non
c'è più nessuno disposto a pagare un caffè ad uno sconosciuto, ma nemmeno
nessuno disposto ad accettarlo.
Beh, il libro di De Crescenzo, da
cui è tratto il brano in epigrafe, venne pubblicato nel 2009 e riportava
articoli, citazioni e considerazioni apparsi sulla stampa dal 1977 al 2007.
Prima insomma della crisi strutturale dell'economia che ha colpito il pianeta.
Se consideriamo il “caffè” come la
metafora della felicità, del gusto di stare bene con noi stessi e con gli
altri, probabilmente sarà aumentato il numero di coloro che non sono disposti
ad offrire un caffè, ma forse le persone disposte ad accettarlo, sono
ricomparse e in numero significativo.
Eduardo 'de Filippo nel monologo del caffè tratto dalla commedia "Questi fantasmi"
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