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letteraria.

martedì 15 ottobre 2013

Il caffè sospeso


«A Napoli, una volta, c’era una bella abitudine: quando una persona stava su di giri e prendeva un caffè al bar, invece di uno ne pagava due. Il secondo lo riservava al cliente che veniva subito dopo. Detto con altre parole, era un caffè offerto all’umanità. Poi, di tanto in tanto, c’era qualcuno che si affacciava alla porta del bar e chiedeva se c’era un “sospeso”. Tutto questo era dovuto al fatto che erano più i clienti poveri che quelli ricchi. Oggi purtroppo non solo non esiste più chi paga un “sospeso” ma nemmeno chi è disposto ad accettarlo
(Luciano De Crescenzo, Il caffè sospeso)



Il caffè, per gli Italiani ma ancor di più per i Napoletani, è un rito quasi sacro, capace di rendere felice qualsiasi uomo.

Come non dimenticare il monologo di Eduardo de' Filippo nella commedia “Questi fantasmi”? Nella puntigliosa descrizione della preparazione del suo caffè, Pasquale Lojacono, interpretato dal de' Filippo, esprime tutta la sua gioia per quella parentesi di tranquillità ritagliatasi nella giornata.

Ecco quindi che il caffè assume una valenza ricreativa, oltre che corroborante; un rito direi spirituale, che si manifesta nel suo aroma che lievita in alto assieme al vapore e inebria le narici, regalando soddisfazione.



Il caffè sospeso era un'usanza napoletana, ormai in declino.

Capitava che una persona entrasse in un bar per sorbirsi il caffè e lasciasse un secondo caffè pagato – il caffè sospeso, appunto – per chi non poteva permettersi nemmeno una tazza della nera bevanda.

Una goccia di generosità del primo cliente e una “anticchia” di disponibilità del barista permetteva anche a chi aveva poco, di potersi godere un piacere della vita.

Oggi, come rileva De Crescenzo, non c'è più nessuno disposto a pagare un caffè ad uno sconosciuto, ma nemmeno nessuno disposto ad accettarlo.

Beh, il libro di De Crescenzo, da cui è tratto il brano in epigrafe, venne pubblicato nel 2009 e riportava articoli, citazioni e considerazioni apparsi sulla stampa dal 1977 al 2007. Prima insomma della crisi strutturale dell'economia che ha colpito il pianeta.


Se consideriamo il “caffè” come la metafora della felicità, del gusto di stare bene con noi stessi e con gli altri, probabilmente sarà aumentato il numero di coloro che non sono disposti ad offrire un caffè, ma forse le persone disposte ad accettarlo, sono ricomparse e in numero significativo.




Eduardo 'de Filippo nel monologo del caffè tratto dalla commedia "Questi fantasmi"

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